Renato Caccioppoli Tra irrequietezza e genio

Servizio di Anita Curci


Nipote dell’anarchico Bakunin, Renato Caccioppoli era dotato di una intelligenza stupefacente, oltre che d’una cultura vastissima.
Un personaggio singolare e straordinario, un vero e proprio astro luminoso per le sue caratteristiche di scienziato e matematico versatile, ma che, purtroppo, di sé non ha lasciato alcuna memoria scritta. Quasi a non voler conservare tracce.
Nessuna impronta della sua persona è giunta fino a noi, e, forse, c’era da aspettarselo da chi in vita non aveva troppo amato complimenti, compiacimenti o eccessive attenzioni.
Ciò che si conserva sono soltanto due preziosi e consistenti volumi di analisi, frutto dei suoi studi.
Un uomo discreto, infine, che non perdeva, però, nulla delle emozioni che l’esistenza poteva offrirgli.
Di questo personaggio non si è più tanto parlato, da quel lontano 1991, quando Mario Martone pensò di realizzare il lungometraggio improntato sugli ultimi giorni di vita di Caccioppoli, personaggio interpretato da Carlo Cecchi con grande sensibilità. Infatti, “Morte di un matematico napoletano” è tra le poche “realtà” che ci parlano ancora di lui. Tuttavia, in sua memoria, sono da annoverare il Dipartimento di Matematica e Applicazioni all'Università degli Studi di Napoli Federico II, un liceo e l'asteroide 9934, designati col nome del matematico napoletano. 

Renato Caccioppoli nacque a Napoli, nel 1904, e si laureò nel 1926 in matematica, dopo aver prima studiato alla facoltà di ingegneria. Spinto da Mauro Picone (del quale era divenuto assistente), che aveva intuito le sue particolari doti, egli si dedicò alla ricerca nell’Analisi matematica, da cui ottenne notevoli soddisfazioni. Dopo cinque anni non tardò ad arrivare la cattedra di analisi algebrica presso l’Università di Padova. Ma già nel 1934 rientrava nella città natale, dove restò fino al 1959, anno del suo suicidio.
Qui occupò la cattedra di teoria dei gruppi, di analisi superiore e di analisi matematica.
Intanto si dedicava a diversi tipi di ricerche, nell’ambito dell’analisi funzionale, del calcolo delle variazioni, della teoria dell’integrazione, della quadratura delle superfici, concentrandosi inoltre sulla questione delle differenziali, delle funzioni di variabile reale e delle funzioni analitiche di più variabili, ottenendo risultati rilevanti e di particolare originalità, degne della sua infinita, incontrollabile necessità di sapere.
Quasi una morbosità questa, con l’evidente riallacciarsi ad un disperato bisogno di agire e muoversi attivamente in un mondo che mutava e si complicava, proiettandosi verso istanze prive di contenuti sostanziali. Fattore che faceva molto soffrire Caccioppoli.
Chi è naturalmente dotato di uno spirito e una mente che travalicano il tutto, spaziando senza meta, non riesce in nessun modo – e difatti egli non vi riuscì - a circoscriversi in una qualunque banalità.
Una personalità, allora, dalle vedute e dagli interessi ad ampio spettro, dacché possedeva un carattere bizzarro, straripante in ogni suo slancio, estremamente eclettico; amava la musica di cui era esperto, suonava il pianoforte in maniera ammirevole, conosceva la letteratura, l’arte e tutto ciò che concerneva la cultura. Era abituato a sostenere convegni e conferenze senza il minimo disagio, affrontando argomentazioni di particolare impegno. 

Non temeva confronti, e un episodio, rimasto poi negli annali della storia, ci è fornito dalla “disputa” tenuta a Napoli tra Caccioppoli e i “Ragazzi di via Panisperna” dell’Istituto di Fisica, situato nella via omonima a Roma, e ne facevano parte Enrico Fermi - il quale, tra il 1926 e il 1938, aveva dato vita ad un eccelso e fecondo gruppo di ricerca - Franco Rasetti, compagno di studi di Fermi ai tempi dell'Università di Pisa, Emilio Segré, che avrebbe scoperto l'antiprotone, Edoardo Amaldi, successivamente ai vertici dell'INFN, del CERN e dell'Accademia dei Lincei, Bruno Pontecorvo, il fisico teorico Ettore Majorana e il chimico Oscar D'Agostino.
Proprio contro Enrico Fermi, il futuro inventore della bomba atomica, Caccioppoli disputò una sfida eroica per il mondo scientifico: “Caccioppoli era seduto di spalle sotto ad una lavagna universitaria tenendo nelle mani una penna e un pezzo di carta, mentre Fermi si industriava a risolvere sulla stessa lavagna una complessa formula che aveva annunciato in tono di sfida al matematico seduto. Fermi risolvette la formula in circa un'ora e quando soddisfatto dichiarò di aver finito, Caccioppoli lo guardò, e mostrandogli il pezzo di carta sul quale aveva scritto qualcosa molto prima di Fermi, disse: "Hai finito? Ecco il risultato", e sorprendentemente il risultato era esatto”.
Ma il suo interesse andava anche oltre la matematica e la fisica, dacché poneva attenzione alle questioni sociali, alla politica, ai dibattiti di connotazione ideologica: tante erano le conferenze sulla pace a cui presenziava, e nell’ambito delle quali, in quel lontano ’56, prendevano corpo le violente discussioni sugli eventi che si spiegavano, con frenetica corsa, sull’intera nazione.
Tra le altre cose, adorava il cinema: fu perfino direttore del Circolo del Cinema di Napoli, in via Nisco.
Un’anima assolutamente brillante, che i contemporanei guardavano con certa remora, quasi temendone gli impeti libertari, il genio.


La sua avventura, ricca e straordinaria – di cui né si vantava, né esaltava per compiacersene – nella sua sconfinata, animosa genialità, gli aveva d’un tratto – per chissà quale strano, impietoso gioco del destino – inaridito la visione del futuro, fino a condurlo al gesto fatale che a lui tolse la vita, a noi la possibilità di conservare con maggiore nitidezza il segno della sua presenza. Scosso di giorno in giorno, stranito oltre ogni movenza di anticonformismo, negli ultimi deliranti periodi, non disdegnava di arruolarsi tra le file di mendicanti e barboni stanziati a piazza Garibaldi, dove Caccioppoli una notte fu nuovamente arrestato. A nulla valsero le sue parole nel presentarsi come un rispettabile docente di analisi matematica all'Università Federico II di Napoli.  Fu l’amico e collega Carlo Miranda a scagionarlo per telefono. Difatti, questi, si fece descrivere l’aspetto dell’arrestato dagli agenti del distretto di polizia, prima di confermare quanto detto da Caccioppoli: “Porta un impermeabile con sotto una canottiera bianca? Allora è senz’altro chi sostiene di essere”
Infatti, negli ultimi periodi, egli vestiva con canotta ed impermeabile, qualunque fosse la temperatura della giornata, volendo sperimentare il tutto. Proprio ai tempi in cui s’affannava alla sperimentazione della “quarta dimensione”, di cui aveva intuito potenziali probabilità.
Il suo temperamento, complesso e forte, non poteva non restare incollato ad una memoria storica, a prescindere dalle ricerche e dalle pubblicazioni a cui si dedicò tutta la vita.
Renato era figlio del famoso chirurgo napoletano Giuseppe Caccioppoli, morto nel 1947, e della seconda moglie di costui, Sofia Bakunin, figlia del noto rivoluzionario russo Michail Aleksandrovic Bakunin, da cui ereditò gli aneliti libertari.


Da sempre indomito ed indifferente alle conseguenze delle sue gesta anticonformistiche, Caccioppoli non perdeva l’opportunità di lanciare una sfida, un mezzo per indurre alla riflessione. Nel 1938, nel mese di maggio, sostenne un discorso contro la politica hitleriana e quella di Mussolini, in occasione della visita di quest’ultimo a Napoli. Il matematico napoletano fece allora, d’accordo con la compagna Sara Mancuso, suonare l’inno francese da un’orchestra al servizio del ristorante dove si erano entrambi fermati per il pranzo. Da qui una serie di manovre incaute ed incondizionate contro il fascismo e il nazismo, incapace di tenere a freno le personali ideologie politiche. Questo atteggiamento gli costò l’arresto, uno dei tanti, avendo egli parlato negativamente del sistema autarchico in presenza di agenti dell’OVRA, l’organo di polizia segreta costituita dal 1926 dal regime fascista. Stavolta fu salvato dalla zia Maria Bakunin, docente di Chimica all’Università di Napoli, riuscendo a far passare per valide le sue attestazioni circa l’infermità mentale del nipote.



Tante vicissitudini si potrebbero raccontare su questo personaggio incredibile, vivace e disperato, che fu segnato da un momento politico, sociale e culturale particolarmente articolato e complesso.
Tramontata la pressione fascista, con il dopoguerra Renato non pensò due volte prima di avvicinarsi al Partito Comunista, anche se  le delusioni sul piano politico non cessarono.
Seguirono anni terribili, dove egli riuscì a distaccarsi da tutti, giacendo in una solitudine e una follia che lo allontanarono finanche dalla compagna, che lo aveva molto amato. Proseguì con i suoi studi, le sue sfrenate passioni, fino al giorno in cui giunse una notizia terrificante, eppure non insospettabile, ad amici e parenti. Una notizia non certo lieta. Renato si era sparato un colpo di rivoltella alla testa, nella sua casa, presso il Palazzo Cellammare in via Chiaja. Era l’otto maggio.



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