Il giovane Hesse, da Herman Laucher a Demian


Servizio di Ciro Borrelli



L’insieme di scritti che costituiscono la produzione artistica giovanile di Hermann Hesse, scrittore tedesco (Calw, il 2 luglio 1977 - Montagnola, 9 agosto 1962) ruotano intorno ad un motivo che è caro all’autore e all’uomo, il viaggio, e ne costituiscono il suo mondo poetico. Il termine “Wandern” viaggio in italiano, non è semplicemente lo spostamento che si compie da un luogo di partenza ad un altro distante (punto di arrivo); è un termine riconducibile al nostro “vagabondaggio” inteso come affrancamento totale dal mondo, dalla società moderna, dall’ordinaria vita borghese. Il protagonista di queste opere è quasi sempre un irrequieto viandante, che prova gioia non nella meta da raggiungere bensì nella peregrinazione, nella ricerca smaniosa di un confine da oltrepassare, di una frontiera da valicare, di un fiume da attraversare, di una montagna da scalare. Il viandante o vagabondo è l’eroe fiabesco dei romanzi giovanili di Hesse. Costui è solitamente un giovane uomo senza legami né vincoli, senza patria né codici, senza dogmi né etichette, un individuo che ha casa dovunque o in ogni luogo. Appartiene alla categoria di uomini pregni di bramosia, di calici da svuotare, di scarpe da consumare, di donne da amare. Protagonisti in perenne ricerca di un altrove irraggiungibile che li spinge a viaggiare continuamente alla ricerca del nuovo, dell’esperienza del vasto mondo che si configura come rifiuto del villaggio, della famiglia, di una vita tranquilla. Per il cittadino medio, costoro non sono altro che dei vagabondi senza arte né parte, dei buoni a nulla, non tanto nel senso di scansafatiche, ma nel senso di uomini, poco concreti e poco produttivi per la società, che corrono dietro a sogni e desideri inafferrabili. Questi girovaghi erranti sono tra l’altro volubili romantici, che non amano una donna ma solo l’amore. La loro smania di vagabondaggio è, in gran parte, amore, erotismo. Il romanticismo del viaggio è per metà nient’altro che attesa dell’avventura. Per l’altra metà è impulso inconsapevole di trasformare e dissolvere l’elemento erotico. Sono abituati a coltivare desideri amorosi proprio per la loro inappagabilità e quell’amore che la natura indirizza alla donna viene da loro dissipato all’antico borgo, alla montagna, ad un solitario angolo di bosco o un albero. Il vero godimento è l’essere in cammino.

Nella narrativa di Hesse questi individui eccezionali danno luogo ad una casistica quanto mai ampia. Dallo studente universitario Herman Laucher, inquieto nottambulo, divoratore di libri di Heine e di Goethe, a Peter Camenzid, il giovanissimo montanaro, innamorato del vento e delle nuvole che attorniano il suo borgo montano. Da Klingsor il pittore, affamato sognatore alla continua ricerca di scorci suggestivi da immortalare su tela e di labbra da assaporare, a Emil Kolb, l’apprendista artigiano che scappa da un lavoro sicuro e ben pagato per cercare una meta indecifrabile. Da Knulp, il solitario perdigiorno buono a nulla che non sta fermo, eterno cercatore dell’orizzonte che gli si para davanti agli occhi, capace di sostare ore ed ore davanti ad un panorama, immaginando il giorno in cui ne avrà nostalgia, ad Hans, l’ingenuo sognatore, protagonista di Sotto la ruota, che trascorre i pomeriggi da solo presso un malinconico vivaio brunastro, circondato da canneti e ombreggiato da vecchi alberi dal fogliame appassito, un angolo di bosco di una bellezza triste, che lo attira enormemente. Da Louis l’imprevedibile, che abita in un treno ed ha il suo studio nello zaino, a Sinclar, lo studente protagonista di Demian, il romanzo che chiude il ciclo giovanile di Hesse, il predestinato, attraverso il quale l’autore scandaglia le pieghe più oscure del passato di un essere umano, nella sua formazione giovanile, Hesse ha poetizzato sempre nelle sue opere giovanili territori come la Foresta Nera (Schwarzwald in tedesco) il Baden ed il Nagold, regioni collinari situate nella Germania sud-occidentale, che nei suoi romanzi diventano luoghi ameni, ideale sfondo per le vicende dei protagonisti. Negli anni a venire, l’ambientazione di molti suoi scritti si sposterà al sud, in Italia, nazione amata da Hesse, ed ancora dopo nei territori d’oriente come l’India.

In questi scritti giovanili Herman Hesse ha voluto sottolineare la sua estraneità all’epoca in cui vive e il desiderio impossibile di tornare al passato; la smania di viaggiare non potrà essere appagata perché la vera bramosia non è il viaggio in sé, inteso come spostamento da una località all’altra, ma il recupero utopico di una situazione definitivamente perduta e perennemente ricercata. Inevitabile il parallelismo tra i vagabondi ed il loro autore-creatore. Hesse non ne fa mistero, anzi suggerisce apertamente al lettore la presenza dei vari alter ego: “Quando la terra ci chiama, quando a noi vagabondi giunge il richiamo del ritorno e per noi irrequieti si delinea il luogo del riposo, allora la fine non sarà un congedo, una timida resa, ma piuttosto un assaporare, grati e assetati, la più profonda delle esperienze” (Hermann Hesse, Storie di vagabondaggio, Voglia di viaggiare, a cura di Mario Specchio, Biblioteca Economica Newton, Milano, 1996). Ogni racconto o romanzo giovanile di Hesse, al di là della dettagliata descrizione paesaggistica del territorio, è parallelamente un viaggio interiore nell’anima di ogni personaggio, un viaggio da e verso se stessi, un percorso a cui ogni essere umano non può sottrarsi. In alcuni racconti è meno intenso, meno dirompente il conflitto interiore del protagonista, mentre in Demian l’elemento psicologico è molto evidente, dicotomico e paradigmatico. Questo disagio interiore, la ricerca di se stessi, questa continua conflittualità sarà poi l’elemento caratteristico dei romanzi scritti in età matura come Siddharta, Narciso e Boccadoro ed Il lupo della steppa. Stiamo parlando dei  romanzi che consacreranno la carriera dello scrittore fino al meritato premio Nobel, giunto nel 1948. Ma se nell’età matura Herman Hesse, a seguito delle esperienze con le religioni orientali, caratterizzerà i suoi personaggi come esseri alla continua ricerca del proprio io non più attraverso il viaggio bensì attraverso la contesa interiore dei lati oscuri dell’anima, nelle opere giovanile il viandante, il vagabondo è il protagonista assoluto. Un protagonista solo apparentemente disincantato perché ben cosciente e consapevole del suo amaro destino. Ma se questo viandante è cosciente del suo destino, della sua fine, è solo un pazzo, un folle che cerca disperatamente di aggrapparsi ad un gancio del cielo che lo tenga su e lontano dall’oscurità che lo circonda? No, è tutt’altro! In proposito lo stesso Hesse ci corre in aiuto e ci illumina: egli è piuttosto “un viandante che cammina nelle tenebre ma sa cos’è la luce e la cerca” (Herman Hesse, Il mio credo, a cura di M.T.Giannelli, Milano, 1980).


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